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martedì 17 gennaio 2017

Ancora Feedback



Durante il secondo incontro di formazione abbiamo iniziato a parlare di feedback, una tecnica comunicativa che permette di ridurre i conflitti e favorisce lo sviluppo di un clima positivo in classe. Le principali obiezioni espresse dagli insegnanti sono state:
  •           È un modo di parlare poco spontaneo
  •           Le persone non parlano così
  •           Mi sento uno sciocco a rispondere così ad un alunno
  •         Se inizio a parlare in questo modo i miei alunni mi prenderanno per pazza
  •           Non parlo dei miei sentimenti agli alunni


Risultati immagini per feedback


In realtà la tecnica del feedback è efficace proprio perché ci permette di riconoscere un nostro stato emotivo e di smorzarlo esprimendolo piuttosto che agendolo.

Nella comunicazione “normale” siamo abituati a predicare, fare domande per indagare emozioni, pensieri, azioni… esprimere giudici, dare consigli, minacciare, ammonire, rassicurare. Ascolto attivo e feedack ci portano oltre, verso una comunicazione autentica ed efficace. All’inizio non è semplice, presuppone che si abbiano buone capacità introspettive ed empatiche. Con la pratica diventa un modo di essere.

Ogni volta che un alunno comunica con voi (anche attraverso il comportamento) lo fa perché ha un bisogno, perché c’è in lui una tensione, vuole qualcosa, prova disagio… il suo organismo è in uno stato di squilibrio.
Per ritrovare l’equilibrio comunica con voi e per farlo utilizza un codice (verbale, non verbale, comportamentale).
Il vostro compito è quello di decodificare il messaggio in modo accurato. Il feedback serve a questo.

Ma facciamo qualche passo indietro…

Tutte le persone, nelle relazioni interpersonali, si trovano a vivere di volta in volta due sentimenti diversi: accettazione e non accettazione. Ci saranno comportamenti di un figlio, di un alunno, del partner, di un insegnante ecc. che saranno accettabili ed altri che saranno non accettabili.


Il punto in cui si trova la linea di demarcazione tra le due aree è diverso da persona a persona, non è statico e può spostarsi in su o in giù nel corso di una giornata.



Tre fattori fanno salire o scendere la linea che separa i comportamenti accettabili da quelli inaccettabili:

Fattori interni alla persona: stato d’animo, condizioni di salute, impegni di lavoro, stanchezza ecc. Ci possono esserci variazioni del mio benessere interno, indipendenti dal comportamento dell’altro, che possono influire sulla mia accettazione o non accettazione di un comportamento. Ad esempio, se alla quarta ora di lezione posso essere meno tollerante rispetto alla rumorosità della classe.

L'ambiente: il luogo in cui si svolge il comportamento può determinare i miei sentimenti di accettazione o non accettazione. Per esempio, mentre mi va benissimo che i bambini giochino a pallone in cortile, probabilmente non mi andrà bene che lo facciano in classe.

L’altro: i miei sentimenti di accettazione variano ad esempio da un alunno all'altro, a seconda dell'età, personalità, sesso, caratteristiche e bisogni di quest’ ultimo.

Proprio per il fatto che la linea di demarcazione tra accettabile e non accettabile non è fissa, è di fondamentale importanza che l’insegnante sappia porsi le domande:

-         Questo comportamento chi danneggia?
-         A chi impedisce di lavorare?

Se la risposta riguarda l’alunno si interviene usando l’ascolto attivo.
Se la risposta riguarda l’insegnante si ricorre al feedback, detto anche messaggio-Io.
Saper identificare correttamente l’appartenenza del problema è essenziale per scegliere l’applicazione della tecnica adatta a risolvere le diverse situazioni che si vengono a determinare.

Comportamenti
accettabili
Esprimono un problema per l’alunno (ma non recano danno: isolarsi, distrarsi, …)
Tecnica dell’ascolto attivo
Nessun problema
Non esprimono né causano problemi: è la situazione ideale per l’insegnamento-apprendimento

Comportamenti
inaccettabili
Esprimono un problema per l’insegnante (impediscono un lavoro sereno)
Tecnica del feedback o messaggio-IO

I sentimenti di irritazione, disapprovazione, rabbia, fastidio, frustrazione, risentimento sono i segnali che ci indicano che il problema è il nostro e che è il momento di utilizzare il feedback o messaggio-io.

Se un alunno si alza durante la lezione, va a sedersi vicino al termosifone, poi si sposta verso il cestino, butta la carta, ritorna al suo posto e striscia la sedia per terra.. probabilmente l’insegnante presente in aula inizierà a provare sentimenti di inquietudine e fastidio.
La comunicazione utilizzata in questi casi, generalmente è la seguente:
“Riccardo vai al tuo posto!”
Se l’alunno non ubbidisce (e lo fa raramente) l’insegnante sentirà crescere il fastidio e probabilmente si avvicinerà all’alluno dicendo frasi quali “stai disturbando la lezione, vuoi smetterla o no?” – “Se non hai voglia di stare in classe puoi anche andartene fuori” – “Sei sempre il solito, non capisco proprio cosa vieni a fare a scuola se non hai voglia di studiare!!!”

Questa interazione lascia a terra almeno due vittime: l’alunno che si sentirà giudicato, colpevolizzato, incompreso e l’insegnante che rimarrà infastidito e nervoso portandosi addosso lo strascico di un conflitto non risolto con tutto quello che comporta a livello fisico (stanchezza quantomeno) e a livello emotivo (frustrazione, sensazione di non essere un buono insegnante, disinvestimento nel lavoro).

Il feedback vi offre una alternativa comportamentale che non lascerà vittime. Con questa tecnica l’insegnante mette confronto i propri sentimenti e bisogni con i comportamenti disturbanti dell’alunno ed offre una alternativa comportamentale. L’alunno diventerà sempre più consapevole delle conseguenze del suo agire e delle reazioni che questo determina negli altri.

In qualità di adulto è importante che l’insegnante sappia comunicare in modo efficace quello che prova (senza incorrere negli errori della comunicazione).

Nell’esempio precedente la comunicazione poteva essere questa:
“Riccardo quando inizi a camminare in classe mentre spiego provo molto fastidio perché mi deconcentro e penso che ti stai stancando. Vorrei che tu mi avvisassi quando hai bisogno di fare una pausa”.

La prima capacità da sviluppare per dare un buon feedback è la capacità di riportare i fenomeni così come essi si presentano nella realtà. Descrivere i comportamenti non le interpretazioni di essi.

Dire ad un alunno “quando disturbi in classe io mi sento infastidito…”  non è un buon feedback perché la frase contiene un giudizio e la comunicazione è interrotta già in partenza.
Meglio è descrivere il comportamento: Quando ti alzi mentre spiego – quando picchi con la penna sul tavolo – Quando ti stendi sul banco….

Cercate di porre attenzione a come utilizzate gli aggettivi: gli aggettivi tendono a sottolineare delle qualità che spesso sono riconducibili ad una percezione soggettiva. Evitate le generalizzazioni: termini come “mai” e “sempre” sottintendono un giudizio e una valutazione personale.



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